sabato 3 maggio 2014

Il capo della confraternita che accoglieva il cardinale è un boss di Cosa nostra

''Il capo della confraternita che accoglieva il cardinale è un boss di Cosa nostra''

Due ore prima di essere arrestato nel blitz scattato a Palermo il venerdì santo Stefano Comandè aveva portato in processione la Madonna. La Curia non l’ha sospeso. Qualche giorno prima, con il gonfalone della sua confraternita aveva accompagnato il feretro del boss ucciso nel quartiere. Nella foto pubblicata in esclusiva da Repubblica, Comandè sorridente alla sinistra del cardinale Romeo, che lo tiene per mano
di SALVO PALAZZOLO

La sera del venerdì santo, un boss di Cosa nostra ha portato in processione le statue di Cristo morto e di Maria addolorata per le strade del centro di Palermo. Stefano Comandè, superiore della Confraternita delle Anime Sante di piazza Ingastone, è stato arrestato qualche ora dopo dai carabinieri nel blitz antimafia che ha evitato una carneficina. Sì, perché, alla Zisa, stavano per scontrarsi due clan dopo l'omicidio di Giuseppe Di Giacomo, il reggente della famiglia di Porta Nuova freddato il 12 marzo scorso in via Eugenio l'Emiro: le microspie disseminate per il quartiere dicono che Comandè stava con la famiglia Lipari, che i Lo Presti ritenevano responsabile del delitto.
Eppure, Stefano Comandè si era prodigato tanto per il funerale di Giuseppe Di Giacomo:
aveva convocato i confrati più volenterosi davanti alla bara del boss ucciso e li aveva fatti sfilare con tanto di gonfalone fino alla chiesa della Madonna di Lourdes di piazza Ingastone. Quel giorno, fu quasi una processione solenne per le strade della Zisa. Fra saracinesche abbassate e campane a morto. Una processione di mafia, perché dietro a Comandè c'erano padrini vecchi e nuovi. I carabinieri del nucleo Investigativo li hanno fotografati tutti e adesso alcune di quelle immagini sono nel provvedimento di arresto per Comandè, Lo Presti e gli altri sei del blitz del venerdì santo. Si vede Comandè mentre applaude davanti alla bara. In un'altra immagine, dispensa sorrisi e saluti.

A vederlo, questo ventottenne di 100 cento chili e più con il volto da pacioccone non sembrerebbe proprio un boss. Sul suo profilo Facebook si definisce un "libero professionista ". Di cosa non è chiaro. Ma alla Zisa non è un mistero che Comandè è un pluripregiudicato per droga (nonostante una recente assoluzione), come ricorda la procura di Palermo nel provvedimento di fermo di qualche giorno fa. Però, evidentemente, doveva avere una cultura teologica e altre doti morali sconosciute ai magistrati e ai carabinieri se da qualche anno era ormai uno dei tre "gestori" dell'antica confraternita delle Anime Sante. In questa veste, l'anno scorso, Comandè ha accolto il cardinale Paolo Romeo nella chiesa di piazza Ingastone, come testimonia una foto che i confrati hanno riempito di "mi piace" su Facebook.

Quest'anno, invece, il nome di Stefano Comandè è in bella mostra nei manifesti con il programma della settimana santa: la congregazione ha fatto le cose in grande, tappezzando (naturalmente in modo abusivo) tutte le strade principali della Zisa.

Purtroppo, il caso Comandè non è isolato. Anche il boss Alessandro D'Ambrogio, il mafioso più autorevole di tutto il centro città arrestato l'estate scorsa, faceva parte di una confraternita, quella della Madonna del Carmelo di Ballarò. Un altro video dei carabinieri lo ha immortalato mentre porta a spalla la vara durante la festa del quartiere. Comandè e D'Ambrogio si vedevano spesso: l'ennesima telecamera nascosta li ha ripresi il 3 gennaio dell'anno scorso mentre pranzano con altri mafiosi all'interno del ristorante "Bucatino" di via Principe di Villafranca. Secondo i pm Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, quello era un summit del potente clan di Porta Nuova. C'è da scommettere che Comandè e D'Ambrogio sosteranno invece che era un incontro fra buoni cristiani, magari per discutere dell'impegno dei laici nella chiesa.

E la Chiesa di Palermo cosa dice di questi devoti confrati? Ieri, Repubblica ha cercato il cardinale Romeo, per verificare se siano stati adottati provvedimenti sulle confraternite infiltrate dai clan. Non è arrivata alcuna risposta. Di fatto, dodici giorni dopo il suo arresto per mafia, Comandè continua ad essere ancora l'autorevole superiore delle Anime Sante. E questo rischia di diventare un caso, perché don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio che i boss hanno ucciso e che la Chiesa ha fatto beato, si era mosso subito e con determinazione per recidere le presenze di mafia nella congregazione di San Gaetano. Così, la processione per le vie del quartiere era tornata ad essere una festa religiosa. In quei giorni don Pino cominciò a morire, perché i boss di Brancaccio erano stati messi fuori dalla Chiesa.

Fonte: Repubblica.it

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