Giancarlo Galan, ex Ministro delle politiche agricole
L'indagine sugli appalti del sistema di dighe anti-acqua alta. Gli atti per l'ex ministro governatore veneto passeranno al Senato. In tutto gli indagati sono un centinaio. Coinvolti anche l'ex generale delle Fiamme Gialle Spaziante e l'ex consigliere di Tremonti Marco Milanese. Il gip: "Ufficio pubblico totalmente asservito a gruppo economico-criminale". Richiesta d'arresto per l'europarlamentare uscente di Fi Lia Sartori. Corruzione, finanziamento illecito e frode fiscale i reati contestati. La Finanza ha sequestrato beni per un valore di circa 40 milioni di euro. Galan: "Estraneo alle accuse, del tutto inverosimili"
l'ex segretaria di Galan "Claudia Minutillo" finita nell'inchiesta
“All’ex governatore veneto ed ex ministro Galan uno stipendio di un milione di euro l’anno più altri due milioni una tantum per le autorizzazioni”. “Al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni 560mila euro per la campagna elettorale”. E poi mezzo milione di euro per “il consigliere politico di Tremonti” Marco Milanese perché facesse arrivare i finanziamenti. Sono queste alcune delle accuse, pesantissime, che la procura di Venezia ha inserito nei capi di imputazione dell’operazione che ha portato oggi a 35 arresti in relazione agli applti per il Mose, il sistema di dighe mobili per proteggere la città dall’acqua alta, un’opera del valore di oltre 5 miliardi di euro. Oltre 100 gli indagati. In manette lo stesso sindaco Orsoni, l’assessore regionale alle Infrastrutture Chisso, il consigliere regionale del Pd Marchese, gli imprenditori Morbiolo e Meneguzzo nonché il generale in pensione della Guardia di Finanza Spaziante. Una richiesta di arresto è stata presentata nei confronti di Lia Sartori, europarlamentare uscente di Forza Italia.
Secondo il gip di Venezia Alberto Scaramuzza, Galane altri indagati, tra cui il generale a riposo della Guardia di Finanza Vincenzo Spaziante, “per anni e anni”, hanno “asservito totalmente l’ufficio pubblico che avrebbe dovuto tutelare, agli interessi del gruppo economico criminale, lucrando una serie impressionate di benefici personali di svariato genere”.
Il sintomo che l’inchiesta sul Mose – sotto traccia o quasi negli ultimi mesi – stesse per esplodere era stata la notizia che i pm di Venezia avevano inviato atti al Tribunale dei ministri perché valutassero l’incriminazione dell’ex ministro Altero Matteoli. Una marea giudiziaria che impiegherà molto a ritirarsi e che ha portato ad arresti eccellenti e – come confermato dall’inchiesta Expo – bipartisan. I fondi neri “sono stati utilizzati per campagne elettorali e, in parte, anche per uso personale da parte di alcuni esponenti politici. Hanno ricevuto elargizioni illegali persone di entrambi gli schieramenti” dice il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio.
Arrestati il sindaco Pd e l’assessore regionale di Forza Italia. Ed ecco che oggi la politica – secondo gli inquirenti corrotta dalle mazzette degli imprenditori – finisce nuovamente sotto accusa e in manette: da destra a sinistra. Gli uomini della Guardia di Finanza hanno arrestato il sindaco Pd Giorgio Orsoni (ai domiciliari) e l’assessore regionale alle Infrastrutture di Forza Italia Renato Chisso, insieme ad altre 33 persone. Il primo cittadino deve rispondere di finanziamento illecito relativo alla sua campagna elettorale per le comunali del 2010. Il sindaco avrebbe ricevuto 50mila euro di persona da Giovanni Mazzacuratie Federico Sutto, rispettivamente dirigente e dipendente del Consorzio Venezia Nuova, entrambi coinvolti nell’inchiesta.
La Procura, che ha iscritto nel registro degli indagati un centinaio di persone, ha chiesto anche l’arresto per l’ex governatore e ministro e Giancarlo Galan, attualmente parlamentare e per il quale è necessario il via libera dell’apposita commissione. Il gip Alberto Scaramuzza – che in dicembre aveva respinto le richieste - ha firmato, in totale, 35 misure cautelari dopo una integrazione di indagine. Sono corruzione, finanziamento illecito e frode fiscale i reati contestati. La Finanza ha sequestrato beni per un valore di circa 40 milioni di euro. L’ex comandante della Gdf del Veneto Bruno Buratti ha spiegato che “il sistema che ha prodotto 25 milioni di euro di fondi neri”e di questi si è “accertata la destinazione” risalendo a responsabilità soggettive.
Le presunte tangenti, con i soldi accumulati secondo il classico meccanismo dei fondi neri, finivano nelle tasche dei politici per gli appalti del sistema di dighe mobili progettato per difendere Venezia dall’acqua alta e realizzato dal Consorzio Venezia Nuova quale concessionario unico. Tra gli altri nomi eccellenti finiti in manette ci sono quelli del consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese, e degli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo (vicepresidente e amministratore delegato di Palladio), oltre al generale della Guardia di Finanza in pensione Emilio Spaziante. Tra le persone colpite dalla misura cautelare c’è anche (domiciliari) Alessandro Cicero, direttore editoriale de Il Punto la cui sede fu perquisita nel marzo del 2013 proprio dalle Fiamme Gialle. Nei guai anche Vincenzo Manganaro cui Cicero aveva ceduto il 50% delle quote dell’editoriale del settimanale.
Raggiunti da misura anche due ex presidenti del magistrato alle acque emanazione del Ministero delle infrastrutture: Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva. Manette per Giovanni Artico (ex commissario straordinario per il recupero territoriale e ambientale di Porto Marghera), Stefano Boscolo “Bacheto” (Cooperativa San Martino di Chioggia), Gianfranco Boscolo “Contadin”, Maria Brotto (ex del consorzio Venezia Nuova), Enzo Casarin, Gino Chiarini, Luigi Dal Borgo, Giuseppe Fasiol, Francesco Giordano, Manuele Marazzi, Alessandro Mazzi, Luciano Neri, Federico Sutto (dipendente del Consorzio Venezia Nuova), Stefano Tomarelli, Paolo Venuti. Domiciliari anche per Nicola Falconi, Corrado Crialese, Vittorio Giuseppone, Dario Lugato, Andrea Rismondo, Amalia Sartori (parlamentare europea di Forza Italia per cui è stata chiesta l’autorizzazione a procedere), Danilo Turato.
Nella prima tranche dell’inchiesta arrestata anche l’ex segretaria di Galan. Il pool di pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonino della Direzione distrettuale antimafia aveva scoperto che l’ex manager della Mantovani Giorgio Baita, con il beneplacito del proprio braccio destro Nicolò Buson aveva distratto dei fondi relativi al Mose in una serie di fondi neri all’estero. Baita e Buson erano stati arrestati, il 28 febbraio 2013, nella prima tranche dell’inchiesta che aveva portato in carcere anche l’ex segretaria di Galan. Il denaro, secondo l’accusa, veniva portato proprio da Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex assistente dell’ex ministro della Cultura, a San Marino dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli grazie alla propria azienda finanziaria Bmc.
Secondo gli inquirenti pagate almeno 20 milioni di tangenti. Le Fiamme gialle avevano scoperto che almeno 20 milioni di euro, così occultati, erano finiti in conti esteri d’oltre confine e che erano indirizzati alla politica, circostanza che ha fatto scattare all’alba di questa mattina l’operazione. Dopo questa prima fase, lo stesso pool, aveva portato in carcere Giovanni Mazzacuratiai vertici del Consorzio Venezia Nuova (Cvn). Mazzacurati, poi finito ai domiciliari, era stato definito “il grande burattinaio” di tutte le opere relative al Mose. Dopo una serie di interrogatori Mazzacurati – insieme a Baita, Buson, è tornato libero. Indagando su l’ex presidente del Consorzio erano spuntate fatture false e presunte bustarelle che avevano portato all’arresto di Pio Savioli e Federico Sutto, rispettivamente consigliere e dipendente di Cvn, e quattro imprenditori che si spartivano i lavori milionari.
L’inchiesta parte da lontano e aveva preso avvio da un filone dell’indagine per mazzette relative ad opere autostradali lungo la A4 riguardanti una società presieduta da Lino Brentan. Patteggiata la pena per quella vicenda, Brentan oggi risulta tra gli arrestati ai domiciliari. Da quel filone la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Venezia, è giunta ai presunti fondi neri creati da Baita, all’epoca dei fatti ai vertici della Mantovani, la società leader nella realizzazione del Mose e all’interno del concessionario unico Consorzio Venezia Nuova (Cav). Gli inquirenti sono riusciti poi a risalire agli allora vertici della Cav, con l’arresto (ai domiciliari) del presidente Mazzacurati e di altre persone.
Il sistema poteva contare su informazioni riservate. Oltre al filo rosso della corruzione che imprenditori e politica e finanza il sistema poteva contare – secondo gli inquirenti – su informazioni riservate relative alle indagini. Secondo i magistrati, infatti, il gruppo aveva messo a libro paga un vicequestore della polizia di Stato, l’ex generale della Guardia di Finanza ed ex appartenenti ai servizi segreti. Durante il suo iter, il lavoro della Procura è stato ostacolato da continue fughe di notizie e ingerenze.
Soldi anche a un magistrato della Corte dei Conti. Nell’ordinanza di custodia cautelare del Gip Alberto Scaramuzza anche uno ‘stipendio’ di 300-400mila euro all’anno – nel 2005 e 2006 arrivato a 600mila euro – che sarebbe stato percepito dal magistrato della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone, indagato nell’inchiesta per aver “compiuto atti contrari ai suoi doveri”.
I legali di Orsoni: “Accuse poco credibili. E Galan: “No comment non ho visto le carte. Gli avvocati di Orsoni – Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo – definiscono “poco credibili le vicende contestate ed esprimono preoccupazione per l’iniziativa assunta e confidando in un tempestivo chiarimento della posizione dello stesso sul piano umano, professionale e istituzionale. Le circostanze contestate nel provvedimento notificato paiono poco credibili, gli si attribuiscono condotte non compatibili con il suo ruolo ed il suo stile di vita. Le dichiarazioni di accusa vengono da soggetti già sottoposti ad indagini, nei confronti dei quali verranno assunte le dovute iniziative”. Francesca Chiocchetti, portavoce del presidente della Commissione cultura della Camera, ha fatto sapere che Galan “è a Roma e non ha potuto ancora vedere le carte”. Più tardi, però, il deputato si dichiara del tutto “estraneo” alle accuse “inverosimili” che gli sono state mosse e dichiara che si difenderà “a tutto campo nelle sedi opportune con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita. Chiederò di essere ascoltato il prima possibile con la certezza di poter fornire prove inoppugnabili della mia estraneità”.
“Dalle prime informazioni che ho assunto e da quanto leggo sui mezzi d’informazione – spiega in una nota Galan – nel dichiararmi totalmente estraneo alle accuse che mi sono mosse, accuse che si appalesano del tutto generiche e inverosimili, per di più, provenienti da persone che hanno già goduto di miti trattamenti giudiziari e che hanno chiaramente evitato una nuova custodia cautelare, mi riprometto, dopo approfondita disamina degli atti con il mio Collegio di Difesa, di difendermi a tutto campo nelle sedi opportune, con la serenità ed il convincimento che la mia posizione sarà interamente chiarita”. “Spiace – sottolinea ancora – non essere stato ascoltato prima, dato che sono molti mesi che si indaga intorno a questa vicenda e mi sono sempre dichiarato più che disponibile a fornire le informazioni necessarie nella trasparenza più assoluta. Chiederò di essere ascoltato il prima possibile con la certezza di poter fornire prove inoppugnabili della mia estraneità”.
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